Kahneman: esperimenti di finanza comportamentale di Giulio De Santis – Psicologo Milano – Bologna – San Benedetto del Tronto
Daniel Kahneman, professore a Princeton, uno dei padri della finanza comportamentale, è uno psicologo israeliano vincitore del premio nobel per l’economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza». Insieme ad Amos Tversky, dimostrò che i processi decisionali degli esseri umani violano alcuni principi di razionalità in maniera sistematica; nel primo dopoguerra l’idea che avevano gli economisti riguardo ai meccanismi di scelta, e che solo ora sta iniziando a cambiare, era quella di processi totalmente razionali. In un ambito in cui le teorie microeconomiche descrivevano il comportamento degli agenti decisionali come razionali e finalizzati ad una massimizzazione dell’utilità e in cui si applicava la logica ordinaria alle decisioni degli esseri umani, essi furono responsabili di una grande rivoluzione. Gli autori osservarono che, posti degli individui di fronte ad una scelta, essi si comportano in maniera significativamente differente mostrando una propensione o una avversione al rischio in base a come le opzioni di scelta vengono loro presentate: dopotutto, si sa, una domanda intelligente contiene già metà della risposta. Quello che l’economia fino ad ora non ha tenuto in conto è che non sempre gli uomini prendono decisioni in base a quello che ritengono giusto per loro stessi, strutturando dei processi che hanno poco a che fare con logiche ordinarie e razionali. La credenza più errata da parte dell’economia è che l’uomo abbia una coerenza interna rispetto alle proprie scelte, concetto ben lontano dall’essere eliminato, nonché uno dei fenomeni co-responsabili della crisi attuale. I due autori dimostrano che i giudizi delle persone sono il prodotto di meccanismi cognitivi come la rappresentatività, la disponibilità e l’ancoraggio, processi che influenzano massivamente la maggior parte delle decisioni quotidiane. Per esempio, se si chiede a chiunque di fornire una stima a proposito della possibilità che un evento futuro accada o meno, si osserva una utilizzazione della propria esperienza relativa all’accadimento di quegli eventi in passato. Tuttavia, in queste occasioni, le informazioni recuperate dalla memoria non sono quelle con il maggiore potere informativo, bensì quelle più vivide, informazioni alle quali l’individuo ha associato i connotati emotivi più forti, ancorandoli come accadimenti importanti. Questo processo stimola la tendenza a giudicare come più probabili gli accadimenti che si sono verificati più spesso o che hanno un maggiore valore a livello di sensazioni e di emozioni, anche se in realtà non lo sono. I loro studi misero in crisi la validità descrittiva dell’assunzione di razionalità e il modello normativo che faceva riferimento alla ”Utilità Attesa” proposto da Von Neumann. Il punto di partenza delle loro ricerche era rappresentato dalle anomalie e dalle contraddizioni osservabili nel comportamento quotidiano delle persone, un esempio è il seguente: le persone sono disposte ad attraversare un’intera città per risparmiare 5 euro per un capo che ne costa 15, mentre non sono disposte a fare altrettanto per risparmiare la stessa cifra per l’acquisto di un capo che è venduto a 125 euro. Da queste riflessioni, gli autori sono arrivati a dimostrare come le preferenze vengano espresse nel momento stesso in cui viene posto il problema e in funzione del modo in cui le informazioni sono presentate di volta in volta; quindi, non vi è modo per la nostra mente di garantire l’esistenza di un ordine di preferenze e credenze che sia coerente e determinato a priori. Con questo Kahneman non vuole dire che la scelta venga compiuta necessariamente in maniera irrazionale, ma solo riconoscere e tenere in considerazione tale ambivalenza, tanto più evidente nelle situazioni di rischio, in cui il comportamento sembra essere dettato da valutazioni soggettive della probabilità. Un altro esperimento mette in campo due dubbi: 1) Comprato un biglietto per l’opera del valore di 150 euro, all’ingresso ci si rende conto di averlo perso. Ricomprereste il biglietto? 2) All’ingresso del teatro ci si accorge di aver perso 150 euro. Comprereste lo stesso il biglietto? Economicamente parlando la situazione appare la medesima in quanto si tratta sempre di aver perso 150 euro ma le soluzioni appaiono diverse poiché la maggior parte delle persone sottoposte a questo esperimento decide di non ricomprare il biglietto nel primo caso, ma di farlo nel secondo. Questo suggerisce che, in preda al dubbio, l’assegnazione dei valori muta consistentemente, in questo caso i soldi che si decidono di investire in un divertimento sono differenti rispetto a quelli che si tengono nel portafoglio per le spese correnti, anche se la somma è la stessa. Il lavoro più importante in merito allo studio delle decisioni in situazioni di dubbio è quello pubblicato nel 1979 sulla rivista “Econometrica” in cui Kahneman e Tversky elaborano la Teoria del Prospetto la quale afferma che, in situazioni di azzardo in cui si può guadagnare o perdere, le persone sono predisposte a mettere maggiormente l’accento sulle perdite che sui guadagni, sono più addolorate per la perdita di un dollaro che per il guadagno della stessa cifra. Questo significa non solo che il decisore sarà più propenso a correre rischi qualora gli esiti di una data decisione siano presentati come perdite piuttosto che come guadagni, ma questo effetto sarà inoltre amplificato in rapporto ad una funzione chiamata value function in cui la probabilità degli eventi possibili viene ponderata attraverso un valore che rappresenta il “peso” che ogni esito ha nella valutazione dell’individuo.
Dr. Giulio De Santis
PSICOLOGO – PSICOTERAPEUTA
Specialista in
PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA
Affiliato al CTS di Arezzo diretto dal Prof. Giorgio Nardone
Coordinatore CTS – Bologna
Riceve a: Milano, Bologna, San Benedetto del Tronto
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